Osho sul Neo-Sannyas

Di seguito troverai una selezione di brani tratti da diversi discorsi, nei quali Osho parla del sannyas. I brani sono elencati nellordine temporale nel quale sono stati tenuti, con i discorsi tratti da The Last Testament alla fine.

“Guardare la vita dal punto di vista dell’ignoranza di sé, è samsara, il mondo. Guardare la vita dal punto di vista della conoscenza di sé, è sannyas.

Pertanto, ogni volta che qualcuno mi dice che ha preso il sannyas, la cosa in sé mi suona molto falsa. Questo “prendere” il sannyas crea l’impressione che sia un atto antagonistico rispetto al mondo. Si può prendere il sannyas? Si può dire di aver “preso” una conoscenza? E una conoscenza “presa” in questo modo può essere un’autentica conoscenza? Un sannyas che è “preso” non è sannyas.

Non puoi metterti addosso un mantello di verità. La verità dev’essere risvegliata dentro di te. Il sannyas nasce. Viene attraverso la comprensione e in quella comprensione continuiamo a essere trasformati: la nostra comprensione cambia, cambia la nostra prospettiva e il comportamento si trasforma senza alcuno sforzo. Il mondo rimane dov’è, ma il sannyas nasce gradualmente dentro di noi. Il sannyas è la consapevolezza che “non sono solo il corpo, sono anche l’anima”. Con questa comprensione, l’ignoranza e l’attaccamento dentro di noi spariscono. Il mondo era all’esterno e continuerà a essere là, ma dentro di noi ci sarà assenza di attaccamento nei suoi confronti. In altre parole non ci sarà alcun mondo, nessun samsara dentro di noi.”

Osho, The Perfect Way, Capitolo 3
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“L'”ingresso” al sannyas era presente, ma mancava l'”uscita”. Si poteva entrare, ma non si poteva uscire. D’altra parte, persino un paradiso senza una porta d’uscita diventa un inferno, si trasforma in una schiavitù, nella cella di una prigione. Potreste replicare: “No, non è così, se un sannyasin vuole davvero andarsene, cosa ci possono fare gli altri? Può lasciarlo!” Ma voi lo condannereste, lo insultereste. Sulla sua scelta peserebbe una condanna.

Ecco perché abbiamo creato un espediente: ogni volta che qualcuno prende il sannyas, lo circondiamo con una festa in pompa magna; ogni volta che qualcuno prende il sannyas diamo vita a un intero cerimoniale di musica; ogni volta che qualcuno prende il sannyas, lo vestiamo di ghirlande di fiori, lo elogiamo, lo onoriamo e gli mostriamo il nostro più grande rispetto. Indulgiamo in una simile profusione di benevolenza, come se stesse avvenendo un evento grandioso. Ma esiste un altro aspetto di questa manifestazione: questo sannyasin non sa che, se domani dovesse ritirarsi, così come oggi è inondato di ghirlande, gli sarebbero tirate addosso pietre e scarpe. E sarà esattamente la stessa gente a farlo. In effetti inghirlandandolo questa gente lo sta avvertendo di non ritirarsi mai; altrimenti, dopo gli onori, lo attenderanno gli insulti. Questa è una situazione molto pericolosa. Di conseguenza, chissà quante persone che avrebbero potuto assaporare la gioia del sannyas se ne privano; potrebbero anche non decidersi mai, per vite intere… Prendere la decisione di impegnarsi per la vita è qualcosa di troppo grande, è troppo difficile. Inoltre, non abbiamo il diritto di deciderlo.

Pertanto la mia visione è che il sannyas è sempre temporaneo. Puoi ritirarti in qualunque momento. Chi potrebbe fermarti? Hai preso il sannyas, ora lo lasci; tranne te, non c’è altro giudice in questa scelta: tu sei il solo fattore decisivo ed è una tua decisione personale.

Non richiede né il parere né l’approvazione di qualcun altro. Il sannyas è individuale; è una decisione personale. Oggi lo prendi e domani puoi lasciarlo. Quando una persona prende il sannyas non ci si aspetta che la elogiate, né che la condanniate quando lo lascia. Non sono affari vostri.”

Osho, Krishna: The Man and His Philosophy, Capitolo 22
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“E ricorda, finora il sannyas è sempre stato collegato a un maestro specifico: un maestro che dà l’iniziazione. Ma il sannyas non è una cosa che qualcun altro possa darti. Il sannyas è una cosa che si prende, ma non si dà. O meglio: a parte l’esistenza stessa, chi altri può dare il sannyas? Se qualcuno viene da me e mi dice: “Per favore, dammi l’iniziazione”, gli rispondo: “Come posso darti l’iniziazione? Posso soltanto essere un testimone. L’iniziazione la prendi dal divino: l’iniziazione la prendi dall’esistenza in sé; io al massimo posso esserne un testimone, dire che ero presente quando questo fenomeno ha avuto luogo”. Non è niente più di questo. Un sannyas legato a un maestro è destinato a diventare settario. Un sannyas legato a un maestro non potrà mai portare libertà, porterà solo schiavitù…”

Osho, Krishna: The Man and His Philosophy, Capitolo 22
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“Io non sarò il vostro maestro, sarò solo un testimone alla vostra iniziazione al sannyas. In effetti, il sannyas sarà una relazione diretta fra voi e l’esistenza. Non ci sarà alcun rituale di iniziazione al sannyas, in modo che nessuno abbia alcuna difficoltà a lasciarlo, quando si sentirà di farlo.”

Osho, Krishna: The Man and His Philosophy, Capitolo 22
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“Quando ho parlato dei “miei sannyasin” non è stato un lapsus. Posso dire cose strane, ma non per sbaglio. La prima volta che un amico ha detto: “I tuoi sannyasin…” l’ho contraddetto e ho replicato: “Non dire miei…”. Ma la mia intenzione era un’altra. L’intenzione era mettere in discussione la possibilità che un sannyasin possa essere mio! Ma quando l’ho detto di nuovo, non era un lapsus, ho detto: “I miei sannyasin…”. I sannyasin non possono essere miei, ma io posso certamente appartenere ai sannyasin.”

Osho, Krishna: The Man and His Philosophy, Capitolo 22
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Osho,
ancora una volta si svilupperà una setta intorno a te?

“No, non si svilupperà alcuna setta. Non accadrà perché, per dare vita a una setta, occorrono alcuni prerequisiti essenziali.

Prima di tutto, occorre un maestro, occorrono sacre scritture, dottrine, occorrono alcuni modi per qualificarla. Non solo, è anche necessario insistere sul fatto che qualsiasi cosa esista, all’infuori di questa, diversa da questa, sia totalmente sbagliata e solo questa sia assolutamente giusta.

Non è così: prima di tutto, sto dicendo che definisco sannyasin chiunque sia privo di aggettivi. Ed è difficile formare una setta senza aggettivi; non si può formare una setta senza un aggettivo.

Chiamo sannyasin chi non appartiene a nessuna religione: come si può formare una setta senza una religione? Chiamo sannyasin chi non ha sacre scritture, chi non ha un maestro religioso, chi non ha templi, moschee, chiese, gurudwara. Pertanto sarà difficile che una setta prenda forma.

Dovremmo impegnarci affinché non si formi alcuna setta, perché le sette hanno danneggiato la religiosità più di qualsiasi altra cosa. L’irreligiosità non ha mai danneggiato la religiosità quanto le sette.”

Osho, Krishna: The Man and His Philosophy, Capitolo 22
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“Sannyas significa coraggio più di ogni altra cosa, perché è un’affermazione della tua individualità, una dichiarazione di libertà, la dichiarazione che non farai più parte della follia collettiva, della psicologia di massa. È la dichiarazione che stai diventando universale; non apparterrai a nessun Paese, a nessuna chiesa, a nessuna razza, a nessuna religione.”

Osho, Finger Pointing to the Moon, Capitolo 7
(Questo libro non è più disponibile su volere di Osho)

 

 

“Questo è ciò che intendo quando dico: “Sii un sannyasin”. Sii, esisti semplicemente.

La tunica bordò e il mala sono regole. È solo un gioco. Non è ciò che intendo per vero sannyas.

D’altra parte, sei così abituato ai giochi che, prima di poterti condurre a una vita senza regole, nella fase di transizione, hai bisogno di regole. Per muoversi da questo mondo fatto di regole e di giochi, verso quel mondo senza regole e giochi, occorre attraversare un ponte.

I vestiti bordò e il mala servono soltanto per quel periodo di transizione. Poiché non potete lasciar andare le regole immediatamente, vi do delle nuove regole. Ma siate assolutamente consapevoli del fatto che le tuniche non sono il sannyas, il mala non è il sannyas, il nome nuovo non è il sannyas.

Il sannyas accadrà quando non ci sarà più alcun nome, quando diventerai senza nome. A quel punto non ci saranno regole, sarai assolutamente ordinario, non ci sarà alcun riconoscimento.”

Osho, A Bird on the Wing, Capitolo 9
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“Tu non appartieni a nessun luogo, questa è la realtà. Qualsiasi aspirazione ad appartenere è ingannevole. L’idea stessa di appartenenza crea organizzazioni; l’idea stessa di appartenenza crea la chiesa: poiché non sei capace di essere solo, vuoi annegare te stesso da qualche parte in una folla.

Un sannyasin è qualcuno che ha accettato la propria solitudine: è fondamentale, non la si può far annegare tra la folla.

Diventando un sannyasin non diventi parte di un’organizzazione: questa non è affatto un’organizzazione. Diventando un sannyasin diventi abbastanza coraggioso da accettare un fatto ben preciso: l’uomo esiste in solitudine. Ed essa è così fondamentale che non c’è modo di sfuggirla. È fondamentale come la morte. In effetti la morte non fa altro che portarti il messaggio che eri solo e ora sei di nuovo solo.”

Osho, The Divine Melody, Capitolo 10
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Osho,
una mia cara amica ti ha scritto una lettera dall’Occidente chiedendo il nome da sannyasin, poi è venuta qui prima di ricevere la risposta.
Ebbene, il nome che le è stato dato per lettera era di un genere del tutto diverso da quello che le hai dato qui.
Questo mi ha profondamente disturbata, perché ho sempre pensato che il mio nome fosse il mio percorso: l’ho usato per orientarmi, quando mi sentivo confusa.
Qual è il vero significato del nome che ci dai?

“Veera, non è altro che merda di mucca sacra! Non lasciarti ingannare dai nomi. Siete sempre alla ricerca spasmodica di qualcosa da afferrare, fate diventare grande un nonnulla. I nomi che vi do assomigliano alle cose dolci e senza senso che si dicono gli amanti: non fate tanto rumore per nulla.

In realtà, una volta che vi ho dato il nome, non ritornate a chiedermi il suo significato perché me lo dimentico. È solo in quel momento che ci creo intorno il significato; poi, come faccio a ricordarmene? Devo aver dato più di trentamila nomi.

Un nome è solo un nome. Voi siete senza nome. Nessun nome vi definisce, nessun nome vi può circoscrivere; sono solo etichette utili per essere usate, pratiche, non hanno niente di spirituale. Ma visto che io presto così tanta attenzione al vostro nome e ve lo spiego, voi ci rimanete agganciati. Questo è solo il mio modo di inondarvi della mia attenzione, nient’altro; è solo il mio modo di mostrarvi il mio amore, nient’altro.”

Osho, The Diamond Sutra, Capitolo 10
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“Il condizionamento inizia nel momento in cui nasci, con il tuo primo respiro; non si può evitare: sarai condizionato dai genitori, dai bambini con i quali giocherai, dai vicini di casa, dalla scuola, dalla chiesa, dallo stato. La maggior parte del condizionamento non viene creato consapevolmente, il bambino lo accumula inconsciamente: il bambino apprende per imitazione.

Perciò non preoccuparti. Questa è la situazione tipica nel mondo: tutti sono condizionati e ognuno deve venirne fuori. È difficile, non è come togliersi un vestito: è come strapparsi via la pelle. È difficile, è arduo, poiché noi siamo identificati con il nostro condizionamento: ci conosciamo in quanto cattolici, comunisti, hindu, musulmani, cristiani. E la più grande paura legata al lasciar cadere il condizionamento è la paura di incorrere in una crisi d’identità; da qui l΄esigenza del sannyas.

Il sannyas è semplicemente uno strumento per aiutarti, in modo che tu non ti senta sprofondare in un abisso, in un abisso senza fine. Io ti porto via i tuoi condizionamenti – ti sentirai estremamente vuoto – perciò ti devo dare qualcosa con cui giocare nel frattempo.

Il sannyas è il gioco con cui giocare nel frattempo. Ma il sannyas ti viene dato in modo tale da non diventare mai un condizionamento; rimane un divertimento, rimane uno sport: sei coinvolto, e tuttavia rimani un testimone. È difficile lasciar cadere il condizionamento, poiché è tutto il tuo passato, la tua mente, il tuo ego, tutto ciò che sei; ma se sei pronto, se hai coraggio, se hai abbastanza fegato da venire con me, è possibile, non è impossibile.”

Osho, Be Still and Know, Capitolo 7
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“Vorrei che i miei sannyasin vivessero la vita nella sua totalità, ma con un’unica, assoluta condizione.

E la condizione categorica è la consapevolezza, la meditazione. Prima di tutto entrate in profondità nella meditazione, in modo da poter ripulire il vostro inconscio da tutti i semi tossici, così che non ci sia niente che possa essere corrotto e non ci sia niente dentro di voi che possa essere sollecitato dal potere.

E poi fate qualsiasi cosa vi sentiate di fare.”

Osho, The Dhammapada: The Way of the Buddha, Vol. 6 Capitolo 4
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“Certamente, i miei sannyasin hanno un mala con un medaglione al collo, ma non stanno lì a contare le perle del mala… la sua funzione è stata  per secoli quella di sedere e recitare Rama, Rama contando le perle. I miei sannyasin, ovviamente, non contano le perle del mala. Ma io ho messo loro un mala al collo, e con un medaglione. Tutto questo è uno scherzo di profonda importanza, nient’altro. Una satira! È una burla che distrugge il tuo concetto di sannyas che ti sei portato dietro fino ad ora. Non ho alcun interesse né per il mala né per il medaglione. Ma in quale altro modo minare il rituale di adorazione di coloro che hanno venerato Mahavira, Krishna, Rama, Buddha! In quale altro modo rovinare il mala a coloro che hanno contato le perle per secoli!

Quindi, questo non lo faccio per consolidare alcun concetto. Il giorno in cui riterrò che questi concetti sono stati abbandonati, chiederò ai miei sannyasin di indossare con gioia vestiti di qualsiasi colore, allora il nostro lavoro sarà completato. Allora, qual è la necessità di indossare un mala e simili? Perché appendere un peso al collo! Adesso fate un falò del medaglione e così via; non c’è più bisogno del mala.

Ma ci vorrà ancora un po’ di tempo. Verrà anche quel giorno in cui farò un falò di vestiti bordeaux, mala e medaglioni. Aspetta un po’ e vedrai! Fino ad allora non ti invischiare in perplessità inutili. Si deve fare solo un passo alla volta. Soltanto lentamente e poco alla volta si riesce a colpire questi concetti secolari. Ho i miei modi di colpire. Anche questo è uno dei modi. Anche questo è soltanto uno stratagemma. Non c’è dietro nessuna grande idea, e nessuna cultura indiana.

E perché consideri Ashtavakra un indiano? Ashtavakra non è né a sostegno dei Veda né delle abluzioni con il fuoco e i rituali del fuoco, né dell’adorazione e venerazione, né tempi e né idoli. Cosa trovi di indiano in Ashtavakra che non trovi in Lao Tzu? Quindi, cambia la definizione di India, non mantenerla geografica. In questo modo l’intero firmamento dei risvegliati è l’India. Ma allora perché chiamarla solo India? Perché non Giappone; perché non chiamarla Cina; perché non chiamarla Arabia; perché non chiamarla Israele? Dopo tutto, che cos’è questo attaccamento a chiamarla India!

Perché un tale attaccamento alla parola India? Cosa c’è di così speciale in questa parola? Questi sono solo i nostri attaccamenti. L’attaccamento degli ebrei è Israele. L’attaccamento dei maomettani è la Mecca e Medina, in Arabia. Questi sono tutti attaccamenti. Né c’è niente di indiano ad Ashtavakra né c’è niente di indiano in Krishnamurti né c’è niente di indiano in me. E ciò che è in me, ciò che è in Krishnamurti, ciò che è in Ashtavakra, è presente anche in Bahauddin, in Jalaluddin, in Pitagora, in Zarathustra, in Gesù, in Basho, in Linchi, in Huang-Po. L’elemento con cui l’uomo riconosce la vita è la consapevolezza. Che cosa ha a che fare la consapevolezza con l’India? La consapevolezza è qualcosa di geografico? Chiunque può risvegliarsi ovunque. Ci si può risvegliare in Tibet; ci si può risvegliare in Cina; ci si può risvegliare in India. Il corpo è argilla; ci si può risvegliare in chiunque altro. Ci si può risvegliare con la pelle bianca; ci si può risvegliare con la pelle nera.

Quindi, non posso chiamare Ashtavakra o Krishnamurti un indiano – né posso chiamare la lunga catena dei risvegliati una serie di luci splendenti della cultura indiana. Tutte queste persone non hanno niente a che fare né con la geografia né con la storia. La verità è che non è giusto nemmeno chiamare la loro tradizione una tradizione. Anche la parola tradizione è pericolosa e fuorviante.”

Osho, Peevat Ramras Lagi Khumari, Talk #6, Question #2

 

“L’insegnante sembrerà molto compassionevole, perché vi darà tutte le istruzioni possibili, si assumerà ogni responsabilità. Vi mostrerà il sentiero, vi guiderà sul sentiero, e voi lo dovrete semplicemente seguire.

Il Maestro non è interessato al fatto che voi lo seguiate. Per niente, è l’esatto contrario: non dovreste seguirlo, altrimenti vi lascerete sfuggire l’opportunità di diventare voi stessi.

Allora cosa fa il Maestro? Di fatto, tutta la sua funzione è negativa: distrugge tutti i vostri appigli, tutti i vostri sostegni. Vi rende vulnerabili verso ogni sorta di paura, di ansia, di sfida. Tutto questo è negativo, in senso positivo non fa nulla: è un semplice specchio.

Il Maestro vi permette di avvicinarvi e di vedere il vostro volto nel suo specchio. Non vuole che imitiate e diventiate il suo volto, vuole che guardiate in lui: non ha idee, ciò vuol dire che tutta la polvere è scomparsa dallo specchio; il suo specchio è limpido. Potete avvicinarvi e guardare, e scoprirete il vostro volto. Lo specchio si limita a riflettere; non è un fare, non è un’azione.

Di certo la mia relazione con voi è unica. Prima di tutto non è una relazione; infatti, che relazione si può avere con uno specchio? Potete vedere il vostro volto ed essere riconoscenti, ringraziare… ma questa non è una relazione. Che relazione può mai avere lo specchio con voi? Non è affatto possibile. Lo specchio è semplicemente presente, non si relaziona in nessun modo possibile, esiste semplicemente.

E la relazione è unica perché, se vi avvicinate ad altre religioni, il maestro – che di fatto non è un vero maestro, anche se voi lo definite così – il maestro, il cosiddetto maestro, avrà mille e una richiesta che voi dovrete soddisfare, visto che dovrà fare per voi un lavoro incredibile.

Io non faccio nulla per voi, quindi non vi posso chiedere nulla. Il “maestro” vi porrà delle condizioni a cui dovrete adempiere; se non lo fate, arriva la condanna; se le rispettate, arriva l’elogio, la ricompensa.

Io non vi posso condannare, non vi posso premiare, perché non vi pongo alcuna condizione da rispettare: essere un mio discepolo è una vostra decisione, non ha nulla a che vedere con me. Accettarmi come Maestro è una vostra decisione, non ha nulla a che fare con me. Io non cerco di convertire nessuno, non sono un missionario cristiano; non mi affanno per spingere la gente a convertirsi al mio modo di pensare e al mio stile di vita. Niente affatto. Altrimenti in questi trentacinque anni avrei convertito milioni di persone, senza difficoltà. La gente era pronta a essere convertita, io non ero pronto a convertire.

È una tua decisione. Ricorda sempre: qualsiasi cosa accada qui è una tua decisione.

Se sei un sannyasin, è una tua decisione.

Se lasci il sannyas, è una tua decisione.

Se lo riprendi un’altra volta, è una tua decisione.

Lascio tutto nelle tue mani.

Pertanto si tratta di una relazione assolutamente unica: è assolutamente unidirezionale. Da parte mia non c’è alcuna relazione. Lo si deve comprendere con assoluta chiarezza: da parte mia non esiste affatto alcuna relazione.”

Osho, From Unconsciousness to Consciousness, Capitolo 18 
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“Ebbene, era una necessità inderogabile; non c’era altro modo per “agganciare” la mia gente. Tutti sono già irreggimentati, questo mondo non è aperto: qualcuno è cristiano, qualcuno è hindu, qualcuno è musulmano. È estremamente difficile trovare una persona che sia un “nessuno”. Ho dovuto trovare la mia gente tra queste greggi chiuse, ma per entrare nel loro gregge ho dovuto parlare il loro linguaggio. Piano piano ho abbandonato il loro linguaggio; gradualmente, il mio messaggio è diventato sempre più chiaro, e lentamente ho abbandonato il linguaggio altrui.

E rispetto al mio sannyas ho stabilito questo lasso di tempo di tre anni, un intervallo nel quale chiunque voglia lasciarmi, può farlo; perché io non voglio interferire nella vita di nessuno. Se posso elevarti, farti espandere, benissimo. Se non posso elevare te e il tuo essere, allora è meglio che ti allontani da me.”

Osho, From Personality to Individuality, Capitolo 14
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“D’ora in poi, a chiunque voglia ricevere il sannyas non verrà dato il mala e non verrà chiesto di indossare gli abiti rossi…”

Osho, From Bondage to Freedom, Capitolo 12
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“Non ho messo fine al movimento del sannyas; ho interrotto il suo diventare una religione. Un movimento è un flusso, questo è il significato di movimento: qualcosa che si sviluppa, che cresce. Viceversa una religione è morta, ha smesso di svilupparsi, ha smesso di crescere. È morta. È buona solo per il crematorio.

Ogni prete, ogni sacerdotessa, vuole una religione morta, perché è prevedibile. Ogni cosa si riduce a un semplice catechismo. Non esistono opinioni, nessuna evoluzione, nessuna crescita. È sufficiente dare uno sguardo al cristianesimo: sono trascorsi duemila anni, sono forse andati un passo avanti rispetto a Gesù Cristo? Dall’epoca del Buddha sono trascorsi venticinque secoli: i buddhisti hanno fatto un solo passo in avanti? Così si distrugge la crescita, si distrugge l’evoluzione.

Ebbene, io voglio che la mia gente resti aperta, viva, che cresca, che sia sempre fresca e che si rinnovi.

Adesso resta un fenomeno di tipo nuovo: la religiosità, senza alcuna etichetta aggiunta, perché qualsiasi etichetta è un punto fermo; e io non amo i punti fermi, non mi piacciono neppure i punti e virgola: la vita è un perenne procedere…

E ho eliminato il mala. In India ha un significato, perché in India le tuniche rosse, arancioni, bordò e il mala sono stati usati per migliaia di anni da tutte le religioni come simbolo del sannyasin. Ho voluto distruggere quell’idea tradizionale del sannyas, perché il sannyasin dev’essere casto, non deve toccare una donna, non deve parlare con una donna. Il sannyasin non può abitare in famiglia, deve stare in un tempio. Deve mangiare solo una volta al giorno, deve digiunare in continuazione, sempre e comunque. Deve torturare se stesso. Questa è malattia!

Ho voluto distruggere questa immagine, ecco perché ho scelto il bordò. E in India avevo quasi trecentomila sannyasin. I miei sannyasin hanno scatenato un incredibile subbuglio tra i sannyasin tradizionali, perché non era più possibile fare distinzioni. I miei sannyasin camminavano per la strada e la gente toccava loro i piedi, senza sapere che queste persone non erano caste; avevano delle fidanzate, mangiavano due volte al giorno, e gustavano il cibo migliore indifferenti al fatto che fosse cucina italiana, cinese o giapponese.

Queste persone appartengono al Ventunesimo secolo, e i vecchi sannyasin erano furibondi, perché io ne ho distrutta l’immagine.

Con il nostro arrivo in Occidente, i vestiti bordò e il mala non sono più necessari, perché in Occidente non sono mai stati simboli religiosi. Hanno esaurito la loro funzione in India: hanno fatto capire che un sannyasin può stare con la moglie, con i figli; non dev’essere un parassita della società, può lavorare, può creare, può guadagnarsi da vivere; non deve essere adorato…

Per essere più specifico, adesso siete completamente privi di tutti i simboli esteriori. Tutto ciò che rimane è il nucleo essenziale della religiosità, il viaggio interiore, qualcosa che voi soltanto potete fare. Io non posso farlo per voi, nessuno può farlo per voi.

Pertanto, adesso resta soltanto la qualità essenziale, la qualità più fondamentale della religiosità: la meditazione.

Ebbene, ora che non avete più alcun simbolo esteriore, è perfetto; se volete essere sannyasin, vi basterà ricordare soltanto una cosa: come addentrarvi nella disciplina dell’essere testimoni; altrimenti esiste la possibilità che indossando i vestiti bordò e il mala vi sentiate completamente appagati e convinti di essere sannyasin.

Non lo siete. I vestiti non hanno mai cambiato nessuno e il mala non ha mai indotto nessuno ad attraversare una trasformazione. Tuttavia potete ingannare voi stessi.

Ora vi sto portando via tutto ciò e vi lascio soltanto una cosa molto semplice. Non potete imbrogliare; o lo fate o non lo fate. Se non lo fate, non siete sannyasin. Pertanto il movimento ha raggiunto la sua condizione più pura, il suo stadio più essenziale; non è finito.”

Osho, From Bondage to Freedom, Capitolo 17
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“Tu dici di non essere un sannyasin. Hai torto – lo sei! Ci sono sannyasin che non lo sono; ci sono non-sannyasin che sono sannyasin. Il sannyas non è qualcosa di esteriore, è qualcosa di interiore. Se hai potuto trarre godimento da queste tre settimane, sei già un iniziato: queste tre settimane cambieranno la tua vita.

Perciò abbandona l’idea di essere un non-sannyasin. In chiunque sia così aperto, così disponibile, così privo di pregiudizi che, pur essendo qui come un semplice visitatore, si è sentito in sintonia con la Comune, con la sua sincerità, con il suo amore –l’iniziazione è avvenuta. L’iniziazione esteriore può accadere in un momento successivo, senza alcuna fretta; e anche qualora non avvenisse, non sarebbe rilevante. Ciò che conta è già successo!”

Osho, From Bondage to Freedom, Capitolo 26
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“Ciò che conta non è essere un mio sannyasin, si tratta di essere un sannyasin. Essere un mio sannyasin di certo richiede un impegno specifico, una particolare resa. E non voglio che vi arrendiate a me, che vi impegnate con me. Voglio che vi arrendiate alla natura, che vi impegnate con l’esistenza. Non dovete essere i “miei” sannyasin, dovete essere semplicemente sannyasin; e questo è l’unico modo di essere “miei” sannyasin.”

Osho, Beyond Psychology, Capitolo 15
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“Adesso il sannyas sarà un movimento del tutto diverso: sarà per i ricercatori più autentici. Non sarà semplicemente per chiunque voglia cambiare la società, perché ne è stanco: qualcuno vuole una società alternativa, per cui va a far parte di una Comune di sannyasin in quanto alternativa alla società, ma non ha alcun desiderio né alcuna passione per la verità.

E solo perché in questa “società” la gente indossa abiti bordò, per non essere diverso, per non apparire fuori posto, un estraneo, si veste di bordò anche lui, prende il sannyas. Ma la realtà è che una persona simile sta solo fuggendo dal grande mondo in cui si sentiva terribilmente annoiato e non ha un altro posto dove andare: la Comune è diventata un rifugio per persone di tutti i tipi.

D’ora in poi il sannyas sarà una scuola, una scuola dei misteri. Soltanto coloro che vogliono crescere e trasformarsi potranno parteciparvi. E ci sono milioni di persone che desiderano un po’ più di consapevolezza nel loro essere, che sentono di essere addormentate e inconsapevoli.

Pertanto non preoccupatevi se alcuni vecchi sannyasin scompariranno, ne arriveranno di nuovi, sangue fresco…”

Osho, The Path of the Mystic, Capitolo 37
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Osho,
hai smesso di dare l’iniziazione al sannyas alle persone, e di creare discepoli? La possibilità di diventare un tuo discepolo mi è stata tolta per sempre?

“Un discepolo non si crea, ciascuno deve diventarlo. Quando ami qualcuno, lo chiedi prima a quella persona? Le chiedi prima il permesso? L’amore accade semplicemente. L’amore non obbedisce ad alcun ordine né chiede alcun permesso, né crede a regole e metodi.

Cosa vuol dire essere discepoli?

È il più alto e più profondo nome dell’amore. Se vuoi amarmi, come posso fermarti? Se piangi d’amore per me, come posso impedirlo? E se ti tuffi in ciò che chiamo meditazione, come posso fermarti? Nessuno può fermare chiunque desideri essere un discepolo. Ecco perché ho eliminato tutte le formalità che facevano di qualcuno un discepolo, perché ora desidero soltanto coloro che vengono da me per conto loro, senza seguire qualche altro itinerario. Adesso, la totale responsabilità è vostra.

Per esempio, in prima elementare si insegna agli allievi che la “m” sta per mela e la “g” sta per Ganesh. In effetti, un tempo si diceva che la “g” stava per Ganesh, adesso che sta per gatto; è una società secolare, in cui non è appropriato inserire nei libri di testo la parola Ganesh. Ma né Ganesh né gatto hanno nulla a che vedere con la “g”: è solo un modo per insegnare ai bambini: il bambino trova il gatto o Ganesh più interessanti; non prova alcun interesse per la lettera g. Ma piano piano il gatto sarà dimenticato, Ganesh sarà dimenticato, rimarrà solo la g, e si userà solo la lettera g.

Se continuate a dover leggere m come mela e g come Ganesh, quando arriverete all’università non potrete studiare niente: anche solo leggere una frase completa vi sarà impossibile. E dopo averla letta, sarà difficile capirne il significato, perché chissà quante mele e Ganesh e gatti ci saranno nella frase?

Nei libri per bambini piccoli ci sono molte figure: figure colorate, figure grandi e alcune lettere. E a ogni passaggio a una classe superiore le figure diventano più piccole e le lettere diventano sempre più numerose. Lentamente, le immagini spariscono del tutto e rimangono solo le lettere. All’università non ci sono più immagini, soltanto le lettere, le akshar.

Anche la parola in hindi akshar è molto bella. Significa “ciò che non sarà mai distrutto”.

Ebbene, i Ganesh possono essere distrutti, le mele possono essere distrutte, ma l’akshar rimane per sempre. Non finisce mai.

Quando ho cominciato, ho dovuto iniziare la gente al sannyas, per farne dei discepoli. Ma per quanto tempo si può scherzare con i gatti e i Ganesh, con le mele e gli ananas? Adesso il sannyas è maturo; ora le formalità non hanno più un posto di rilievo.

Adesso, se sei in amore, diventa un discepolo. Non è neppure qualcosa di cui parlare. Ora non è neppure necessario farlo sapere a qualcun altro: se è ciò che senti, sii un sannyasin. Adesso tutta la responsabilità è tua. Questo è un segno di maturità. Per quanto tempo posso camminare al tuo fianco, tenendoti per mano? Prima che le mie mani scompaiano, devo fare in modo che le tue mani si stacchino da me, in modo che tu possa stare in piedi da solo, contando sulle tue mani, sulla tua responsabilità… e poi cammina.

No, non è affatto necessario che rinunci a diventare un discepolo. Né qualcuno può impedirti di diventare un sannyasin, ma ora è solo una tua decisione, in base alla sete e al richiamo della tua interiorità.

Io sono con voi, avete la mia benedizione, ma d’ora in poi non vi spiegherò come si diventa sannyasin né vi chiederò di meditare. Adesso spiegherò solamente questo: cos’è la meditazione. Se questo è sufficiente a scatenare una sete dentro di voi, allora meditate. Adesso non vi dirò di amare. Ora vi descriverò soltanto l’amore e qualsiasi altra cosa: se nel vostro cuore non prende vita nessuna canzone – neppure dopo aver ascoltato quell’unica e misteriosa descrizione dell’amore -, allora nulla potrà mai scaturire, neppure se vi viene comandato. E se nasce una canzone, allora non è più una questione di prendere e dare: puoi essere un discepolo, puoi meditare, puoi diventare un sannyasin, puoi illuminarti, puoi raggiungere il tesoro supremo di questa vita che abbiamo chiamato moksha, la liberazione suprema.

Ma adesso devi essere tu a fare tutto questo. Sono finiti i giorni in cui qualcuno ti dava una spinta dal di dietro! Ora sei completamente libero. Il tuo stesso desiderio, la tua stessa gioia, la tua stessa estasi sono i fattori decisivi.”

Osho, The Diamond Sword, Capitolo 8
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Osho,
dopo anni trascorsi con te, ho acquisito familiarità con il rapporto maestro-discepolo.
Per favore, potresti dire qualcosa sul rapporto discepolo-discepolo?

“Non esiste nulla di simile.

In passato i discepoli hanno creato organizzazioni. Quello era il loro rapporto, il fatto che “Noi siamo cristiani”, oppure “Noi siamo musulmani”, “Noi apparteniamo a una religione, a una fede, e poiché apparteniamo a una fede, siamo fratelli e sorelle. Vivremo per la fede e moriremo per la fede”.

Tutte le organizzazioni sono nate dalle relazioni tra discepoli.

In realtà, due discepoli non sono affatto connessi tra loro: ogni discepolo è collegato con il maestro in funzione della sua capacità individuale.

Un maestro può essere in connessione con milioni di discepoli, ma il collegamento è personale, non istituzionale.

I discepoli non hanno alcun rapporto. Certo, hanno una particolare amichevolezza, una particolare amorevolezza.

Evito il termine relazione perché crea un legame.

Addirittura non la chiamo “amicizia” ma “amichevolezza”, perché sono tutti compagni di viaggio che camminano sullo stesso sentiero, amano lo stesso maestro, ma sono in relazione tra di loro tramite il maestro.

I discepoli non sono direttamente in relazione tra loro.

In passato questa è stata la cosa più disastrosa: i discepoli si sono organizzati, sono entrati in relazione tra di loro, ed erano tutti ignoranti. E le persone ignoranti possono solo creare più fastidio nel mondo, più di qualsiasi altra cosa. Ed è proprio ciò che hanno fatto tutte le religioni.

La mia gente è in relazione con me individualmente. E poiché queste persone si trovano sullo stesso sentiero, di certo possono familiarizzare tra di loro. Nasce amichevolezza, un’atmosfera amorevole, ma non voglio chiamarla relazione di nessun tipo.

Abbiamo sofferto già abbastanza a causa di discepoli che si sono legati l’uno all’altro direttamente, creando religioni, sette, culti e finendo poi con il litigare. Non possono fare altro.

Quanto meno con me, ricordate: voi non siete connessi l’uno all’altro in nessun modo. Una semplice amichevolezza liquida, invece di una solida amicizia, è sufficiente ed è molto più bella; e non può in alcun modo causare danni all’umanità del futuro.”

Osho, Beyond Enlightenment, Capitolo 2
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“Di certo, l’iniziazione vuol dire che hai fatto il primo passo verso una vita pericolosa. Mi hai accettato come tuo amico nell’oscurità e hai porto la tua mano con grande fiducia. Ma io non ho mai firmato un assegno in bianco e non ho mai abusato della vita di qualcuno, addirittura non ho mai interferito nella vita di nessuno. Dipende solo da te, io ne sono assolutamente fuori. Si tratta della tua iniziazione ed è una tua iniziativa offrire la vita, perché sia trasformata. Ma l’intera azione e la sua responsabilità sono nelle tue mani.”

Osho, The New Dawn, Capitolo 30
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“La solitudine dovrebbe essere la tua unica ricerca. E non significa che devi andartene sulle montagne. Puoi essere solo al mercato. È solo questione di essere consapevoli, attenti, in osservazione, ricordando che sei solo la tua capacità di osservare. A quel punto sei da solo ovunque tu sia. Puoi essere nella folla, puoi essere sulle montagne. Non fa differenza, sei sempre solo la stessa capacità di osservare. Nella folla osservi la folla, sulle montagne osservi le montagne. Con gli occhi aperti osservi l’esistenza, con gli occhi chiusi osservi te stesso.

Sei solo una cosa: colui che osserva.

E questo osservatore è la più grande realizzazione. Questa è la tua natura di buddha, di illuminazione, del tuo risveglio. Questa dovrebbe essere la tua unica disciplina. Solo questo ti rende un discepolo, la disciplina di trovare la tua solitudine. Altrimenti cosa mai potrà renderti un discepolo? Sei stato ingannato su tutti i fronti, nella vita. Ti è stato detto che se credi in un maestro sei un discepolo. È assolutamente sbagliato. Altrimenti tutti sarebbero discepoli nel mondo.

C’è chi crede in Gesù, c’è chi crede in Buddha, c’è chi crede in Krishna, c’è chi crede in Mahavira. Tutti credono in qualcuno, ma nessuno è un discepolo, perché un discepolo non crede in un maestro. Essere un discepolo significa imparare la disciplina di essere te stesso, essere veramente te stesso.”

Osho, The Invitation, Capitolo 23
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“Non importa che tu sia diventato un sannyasin; questo non cambierà nulla, a meno che il tuo sannyas non stimoli in te uno spirito meditativo…

Senza meditazione non esiste alcun sannyas.

Solo la tua pura consapevolezza che si eleva verso l’alto – piano piano si sposta oltre la gravitazione delle cose più basse -, solo questo fa di te un sannyasin.”

Osho, The Great Pilgrimage, Capitolo 11
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“Voglio che abbandoni tutti i giochi: i giochi mondani, i giochi spirituali, i giochi con cui l’umanità ha giocato sinora. Questi giochi ti hanno mantenuto ritardato; questi giochi ti trattengono dal crescere in consapevolezza, nella tua suprema fioritura. Desidero che elimini tutta la spazzatura che te lo impedisce.

Voglio lasciarti solo, assolutamente solo, così non potrai ricevere l‘aiuto di nessuno, così non potrai attaccarti ad alcun profeta, così non penserai che Gautama il Buddha ti salverà. Lasciato solo – totalmente solo – sei destinato a trovare il tuo centro più intimo.

Non esiste alcuna via, nessun posto dove andare, nessuno che ti consigli, nessun insegnante, nessun Maestro. Sembra difficile, arduo, ma lo faccio perché ti amo e le persone che non lo hanno fatto prima, non ti amavano. Amavano se stesse e amavano circondarsi di folle: più grande era la folla, più il loro ego era nutrito.

Ecco perché chiamo persino l’illuminazione l’ultimo gioco: prima lo lasci cadere, meglio sarà. Perché non essere semplicemente? Perché correre senza motivo qui e là? Tu sei già ciò che l’esistenza vuole che tu sia. Semplicemente rilassati.”

Osho, Om Mani Padme Hum, Capitolo 9
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“Un sannyasin non ha bisogno di esserlo ufficialmente. Qualsiasi ricercatore, chiunque sia alla ricerca della verità è un sannyasin. E un sannyasin non ha bisogno di essere “mio”. Un sannyasin non è un seguace, al massimo è un compagno di viaggio. Se sei un ricercatore, se sei alla ricerca della verità, del significato e del senso della vita, è sufficiente.”

Osho, Hari Om Tat Sat, Capitolo 17
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“Il giorno in cui prendi l’iniziazione al sannyas non è necessariamente l’inizio del sannyas. È semplicemente un segnale che dai: “Sono pronto ad aspettare che il sannyas mi accada”. L’iniziazione è soltanto un tuo dire di sì all’esistenza, è un aprire tutte le tue porte e le tue finestre alla brezza e alla sua frescura, e al sole affinché entrino e ti ripuliscano e ti rendano parte del Tutto.

Un giorno il sannyas inizierà. Può iniziare nel momento in cui prendi l’iniziazione, se la tua intensità, la tua integrità, la tua fiducia e il tuo amore sono totali, ma accade solo di rado. La percentuale è sempre del sessanta contro il quaranta; del settanta contro il trenta per cento… ci sono persone che possono avere il novantanove per cento di fiducia, ma quell’uno per cento di dubbio è sufficiente per ostacolare… anni, addirittura vite. Se non sei aperto al cento per cento, se la parola stessa “no” non è scomparsa dal tuo vocabolario, l’incredibile rivoluzione del sannyas non ti accadrà…

Il sannyas richiede un sì totale, allora può accadere in questo preciso istante. Ma il tuo piccolo dubbio – può anche essere piccolissimo – è come un granello di sabbia nell’occhio… ti impedisce di aprire gli occhi! Un semplice granello di sabbia nell’occhio ti impedisce di vedere tutto questo mondo incredibilmente bello. Il dubbio è come un granello di sabbia nel tuo occhio interiore: ti può impedire di vedere lo splendore e la gloria della vita, il tuo stesso potenziale e i tuoi stessi fiori, che da vite intere attendono di crescere e di fiorire, ma tu non gliene hai mai data l’opportunità.”

Osho, Om Shantih Shantih Shantih, Capitolo 26
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Osho,
quali sono i prerequisiti per essere un discepolo?

“Assolutamente nessuno.

Un cuore aperto, un cuore amorevole, una profonda fiducia in se stessi e non occorre nient’altro.

Non ti devi arrendere a un maestro, non devi adorare un Dio, non devi rivolgere alcuna preghiera a una qualche ipotetica divinità. Non devi andare in templi e chiese costruiti dall’uomo per trovare qualcosa che è nascosto dentro di te.

Un discepolo è il seme di un maestro. Anche il discepolo è un fiore di loto, semplicemente stai guardando altrove e non dentro di te.”

Osho, Live Zen, Capitolo 7
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“Non voglio che nessuno diventi un monaco, voglio che voi tutti siate nel mondo. Non occorre che la meditazione sia praticata per ventiquattro ore: la meditazione è solo un’intuizione, poi porta avanti il tuo lavoro. Piano piano, quell’intuizione inizierà a irradiarsi nelle tue azioni, nei tuoi silenzi, nei tuoi canti, nelle tue danze.

Non è affatto necessario sprecare ventiquattro ore e diventare un parassita. E nel momento in cui diventi un parassita nella società, non ti puoi ribellare contro di essa. Non puoi più dire assolutamente nulla contro qualsiasi superstizione.

La mia gente può essere sannyasin e allo stesso tempo essere assolutamente ribelle, perché non dipende da nessuno. La meditazione è un loro affare personale.”

Osho, The Buddha: The Emptiness of the Heart, Capitolo 6
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“Io ti insegno a essere sannyasin – non un “mio” sannyasin. È il tuo sannyas, è la tua indagine nella verità.”

OOsho, Christianity: the Deadliest Poison and
Zen, the Antidote to All Poisons, Capitolo 6
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“Il sannyas non ha bisogno di essere esteriorizzato; la semplice aspirazione è sufficiente.”

Osho, Christianity: the Deadliest Poison and
Zen, the Antidote to All Poisons, Capitolo 7
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Al suo arrivo, Seigen chieseTi hanno affidato qualcosa?

Sekito disseNon mi hanno affidato niente.

Seigen disseMa ci deve essere stata una risposta.

Sekito disseSe non affidano nulla, non c’è risposta. Poi disse: Mentre stavo per partire, hai aggiunto che sarei dovuto tornare per ricevere la grande ascia sotto la sedia. Ora sono tornato, per favore dammi la grande ascia.

Seigen rimase zitto. Sekito si inchinò e si ritirò.

“Il silenzio di Seigen rappresenta la sua accettazione di Sekito, il suo coraggio. Sapeva che la lettera non era stata consegnata, che non c’era stata alcuna risposta, sebbene Sekito non avesse menzionato la lettera. Sekito disse semplicemente: “Loro non mi hanno affidato niente, perciò come può esserci una risposta?”

Seigen vide l’uomo, vide che ne aveva la qualità e meritava di essere illuminato. Il suo silenzio era la sua ascia; gli aveva detto: “Quando arrivi, ti taglierò la testa con un’ascia”.

E ora gli ricordò: “Sono tornato, per favore dammi la grande ascia”. Tagliami la testa! Fa’ ciò che desideri, sono pronto.

Seigen rimase zitto. In quel profondo silenzio… il trasferimento, la trasmissione della lampada. Non è una questione di linguaggio, ma di trasferimento di energia; semplicemente, in quel silenzio, la fiamma saltò da Seigen a Sekito.

E ricevette la fiamma, il fuoco, egli immediatamente si inchinò e si ritirò. A questo punto non c’è più alcuna esigenza di disturbare il Maestro. Egli è stato accettato, non solo accettato; l’ultimo passo per il quale egli è venuto, è stato completato.

Eno era morto prima che Sekito si illuminasse; in effetti, nel momento in cui Sekito lasciò Eno, prima di raggiungere Seigen, Eno morì.

Egli era assolutamente consapevole che la morte era vicina e Seigen era la persona giusta alla quale Sekito poteva essere affidato: il suo giudizio era più che esatto, infatti alla fine fu Seigen a occuparsi dell’illuminazione di Sekito.

Ma l’illuminazione accade in silenzio, per questo il mio intero sforzo consiste nel renderti il più silenzioso possibile, al punto da non avere bisogno neppure di un Seigen. Seduto in qualunque posto – nella tua stanza, sotto un albero, nel giardino, presso un fiume, ovunque – se il tuo silenzio si approfondisce, l’esistenza stessa ti fornisce l’iniziazione alla buddhità. E quando questa proviene direttamente dall’esistenza, ha una bellezza di gran lunga maggiore di quando viene attraverso un Maestro.

Io ti insegno l’illuminazione immediata, improvvisa; la meditazione che stai praticando ti sta semplicemente preparando per quel grande silenzio, nel quale l’esistenza diviene una fiamma dentro di te.”

Osho, God Is Dead, Now Zen Is the Only Living Truth, Capitolo 2
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“Inoltre prosegui dicendo grandi cose: “… ma perché dovrei cambiare il mio nome?”. Perché no? Ti aiuterà a dimenticare che sei un tedesco; ecco perché! Il cambio del nome significa semplicemente che stai abbandonando l’intera vecchia personalità che veniva espressa dal tuo nome, significa che stai ricominciando da zero con un nuovo nome. È simbolico. Tu non sei nato con un nome. Il nome ti è stato dato da tuo padre, da tua madre, dalla tua gente. Ora hai lasciato cadere tutti i condizionamenti, perché non lasciar cadere anche il nome, che ti è stato dato da quegli stessi condizionamenti?

Puoi scegliere il tuo nome da solo, ogni cosa andrà bene: non è necessario che il nome significhi qualcosa, è solo simbolico, affinché tu possa essere riconosciuto nella folla e chiamato. Puoi farti il nome da solo, ma lo devi cambiare! La tua insistenza nel non cambiarlo rivela l’idea radicata dentro di te: “in superficie, faccio il gioco di aver abbandonato tutti i condizionamenti.” laddove tu non sei pronto neppure a lasciar cadere un nome finto.

Io non ho interesse a cambiare il tuo nome; è solo per compassione che dico: “Inizia una nuova vita con un nuovo simbolo, in modo da poter creare una discontinuità con il tuo passato”.

E poi continui: “… perché dovrei cambiare il mio nome, essere un sannyasin…?” Hai capito il significato del sannyas? Significa semplicemente ricercare il Vero.

Non vuoi essere un ricercatore della verità?

E allora che diavolo ci fai qui?

E ancora: “… perché dovrei cambiare il mio nome, essere un sannyasin e accettare un Maestro che dice che non c’è alcuna esigenza di un’autorità?”

Due cose: primo, il Maestro accetta il discepolo, non il contrario. Perciò non ti preoccupare, il discepolo deve aspettare il momento sublime nel quale può essere accettato. Chi ti ha dato questa idea che la possibilità di accettare un Maestro o meno è nelle tue mani?”

“… Il ricercatore del Vero deve mostrare le proprie credenziali, la propria abilità di aspettare, la propria capacità di essere paziente, poiché il viaggio è lungo e il sentiero è molto stretto. Un Maestro accetta un discepolo solo quando può vedere la sincerità del cuore, il senso del rischio, il pericolo di andare nella solitudine… quando il Maestro è convinto che la persona è capace di queste cose, viene accettato quale discepolo.

Non ti preoccupare: non è così semplice essere accettati da un Maestro. E se non vuoi essere un sannyasin… Forse credevi che i sannyasin fossero una sorta di religione; che si trattasse di un nuovo movimento che sta arruolando gente. Non lo è! Se sei in cerca della verità, che tu lo sappia o no, sei un sannyasin; se sei pronto a lasciar andare tutti i tuoi condizionamenti, sei un sannyasin; se mediti e innalzi la tua consapevolezza al suo massimo potenziale, sei un sannyasin. Non importa se conosci o no il significato della parola “sannyasin”.

L’antico significato della parola era riferito a una persona che abbandona il mondo in cerca della verità. Il mio significato è di una persona che vive nel mondo e che tuttavia è in cerca della verità. Infatti, dove puoi andare? Il mondo è ovunque.

Non riesco a capire dove vanno le persone che abbandonano il mondo. Sull’Himalaya? Fa parte del mondo, parte della nostra geografia; dove troveranno un posto fuori dal mondo quelle persone?

Non c’è nulla al di fuori, ogni cosa è all’interno del mondo e non c’è via d’uscita. Il solo modo è andare dentro te stesso… ed ecco che ne sei fuori. Se il mondo non è dentro di te – nessun desiderio, nessuna aspirazione, nessuna volontà di potere – se tutto questo nonsenso è sparito dal tuo mondo interiore e rimane un puro vuoto, ecco che sei fuori dal mondo. Quello è l’unico posto che non sia nel mondo.

Ma per quanto riguarda il tuo corpo, rimarrà nel mondo. Mi sono sempre domandato dove andavano quelle persone: ovunque vadano, troveranno una qualche manifestazione del mondo.”

“… Il vecchio sannyasin, il vecchio concetto di sannyasin, è fondamentalmente sbagliato. Io non ti insegno a lasciare il mondo, ti insegno a vivere nel mondo, ma non lasciare che il mondo viva in te; sii un fiore di loto nell’acqua – l’acqua non può toccarti. Questa è l’unica possibilità, se vogliamo che il mondo intero abbia un assaggio della meditazione; altrimenti il vecchio sannyasin non può sopravvivere: è privo di significato, perché ti rende dipendente dalla gente. Eri indipendente, avevi tempo per te: lavoravi alcune ore, poi avevi il tuo tempo. Ma questa povera gente che ha abbandonato il mondo, sprecato tutto il suo tempo nel chiedere piccole cose, nell’essere respinti, insultati e nel sentirsi dire: “Vai via, vai da qualche altra parte”. Queste persone cercavano dignità e ciò che hanno trovato è la più totale indegnità.”

Osho, Om Mani Padme Hum, Capitolo 29
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Osho,
cosa vorrà dire essere un sannyasin in futuro, da oggi in poi?

“Da oggi in poi essere un sannyasin significherà semplicemente essere iniziato alle tecniche di meditazione, significherà assumere un impegno con se stessi a proseguire il cammino.

Ma sarà un cammino individuale, in solitudine. Ognuno sarà responsabile di se stesso. Non sarà una collettività, una congregazione.”

Osho, The Last Testament, Vol. 3, Capitolo 9
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“Sannyas significa semplicemente aver accettato la via della meditazione e una vita di gioia e felicità. Significa accettare di fare della propria vita un’estasi.

Pertanto il sannyas è una cosa totalmente diversa. l sannyasin continueranno. Ho eliminato tutti i simboli esteriori tipici dei sannyasin. Se li vorranno mantenere, sarà una loro decisione. Da parte mia li ho eliminati. Non hanno bisogno di alcun mala. Non hanno bisogno di abiti bordò.

Tutto ciò che voglio… il mio consiglio ai sannyasin è questo: per essere sannyasin, l’unica cosa essenziale che dovete portare con voi è la meditazione.”

Osho, The Last Testament, Vol. 3, Capitolo 13
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“Ho portato via ai sannyasin qualunque cosa li rendesse diversi. Ho detto loro: “Ora non è più necessario indossare vestiti bordò. Tutti i colori sono nostri. Non c’è più bisogno di portare un mala con la mia immagine, perché io non sono il vostro salvatore, un profeta o un messaggero”.

Non ho alcun Dio da offrirvi. Posso solo offrirvi la scienza della comprensione di se stessi. Pertanto, dovete semplicemente comprendere che io sono solo un amico, nulla più di questo. Sono uno tra voi, quindi non è necessaria alcuna adorazione e non dovete pensare a voi stessi come parte di una collettività. Voi tutti siete individui.”

Osho, The Last Testament, Vol. 3, Capitolo 14
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“Ho lavorato duramente per abbandonare qualunque cosa fosse esteriore, affinché vi rimanesse da esplorare solo la dimensione interiore.

Altrimenti la mente dell’uomo è veramente immatura. Inizia ad aggrapparsi ai simboli esteriori. E questo è accaduto a tutte le religioni del mondo.

Io voglio che la mia gente capisca chiaramente che né gli abiti, né le discipline esteriori, né tutto ciò che vi è stato dato dalla tradizione e che voi avete accettato solo come una professione di fede, come un credo, sarà d’aiuto.

La sola cosa che possa creare una rivoluzione dentro di voi è andare al di là della mente, nel mondo della consapevolezza. All’infuori di questo non c’è niente di religioso.

Ma per iniziare, e avendo a che fare con un mondo che è troppo ossessionato dalle cose esteriori, ho dovuto cominciare anche il sannyas con cose esteriori: farvi vestire di arancione, farvi indossare il mala, farvi meditare, ma l’enfasi era solo sulla meditazione.

Purtroppo ho scoperto che la gente può cambiare con grande facilità i vestiti, ma non è in grado di cambiare la propria mente. Le persone possono indossare un mala, ma poi non riescono a muoversi verso la consapevolezza. E poiché sono vestiti d’arancione, indossano un mala e hanno un nuovo nome, cominciano a credere di essere diventati dei sannyasin.

Il sannyas non è così a buon mercato. Ecco perché è tempo, e voi siete maturi a sufficienza, per porre fine a quella fase iniziale.

Non voglio che la mia gente si perda in cose non essenziali. All’inizio era necessario; adesso, dopo anni passati ad ascoltarmi e a comprendermi, siete nella posizione di liberarvi da ogni limitazione esteriore. E per la prima volta potete essere veramente sannyasin solo se vi addentrate nella dimensione interiore.”

Osho, The Last Testament, Vol. 6, Capitolo 12
(Sarà pubblicato nella biblioteca on line a breve)

 

“Il movimento del sannyas non è mio. Non è vostro.

Esisteva quando io non c’ero, esisterà quando non ci sarò.

Il movimento del sannyas è semplicemente il movimento di coloro che sono in cerca della verità, che sono sempre esistiti.

È sempre esistito un lignaggio di ricercatori della verità. Io lo chiamo sannyas. È eterno. È sanatano. Non ha niente a che fare con me. Milioni di persone vi hanno contribuito. Anch’io ho contribuito con la mia parte.

E diventerà sempre più ricco.

Quando me ne sarò andato ci saranno sempre più persone che verranno e l’arricchiranno ancora di più.

Io me ne sarò andato. Questo non significa che il movimento del sannyas scomparirà. Non appartiene a nessuno…

Io non posso darvi la verità, ma posso mostrarvi la luna… per favore, non rimanete attaccati al mio dito che indica la luna. Questo dito scomparirà. La luna rimarrà e la ricerca continuerà. Finché ci sarà un solo essere umano sulla Terra, i fiori del sannyas continueranno a sbocciare…

Prima di tutto, io sono l’unico uomo della storia che vi dia la vostra individualità. I cosiddetti guru facevano l’esatto opposto: vi portavano via la vostra individualità. Tutto il loro impegno consisteva nell’obbligarvi ad arrendervi a loro. E il vostro compito consisteva semplicemente nell’inchinarvi ai loro piedi e ricevere le loro benedizioni. Il mio impegno è completamente diverso.

Non potete ricevere alcuna benedizione inchinandovi ai piedi di chicchessia. Al contrario, renderete quell’uomo ancora più egoico e malato.

L’ego è il cancro della sua anima. Non fate ammalare nessuno… abbiate compassione. Non inchinatevi mai ai piedi di nessuno…

Il mio impegno consiste nello spazzare via tutte le tradizioni, tutte le ortodossie, le superstizioni e le credenze dalla vostra mente, in modo che possiate raggiungere lo stato di nonmente… uno stato estremo di silenzio dove non si muove neppure un pensiero. Nemmeno un’increspatura nel lago della vostra consapevolezza.

E tutto ciò dovrà essere fatto da voi. Non vi sto dicendo: “Seguitemi e basta, io sono il salvatore, vi salverò”. Sono tutte cazzate! Nessuno può salvarvi, a parte voi stessi. E l’indipendenza spirituale è l’unica indipendenza che sia degna di essere chiamata indipendenza.”

Osho, The Last Testament, Vol. 6, Capitolo 14
(Sarà pubblicato nella biblioteca on line a breve)

 

Il messaggio finale all’Accademia di Iniziazione rispetto ai mala, nel 1989.

Osho manda questo messaggio all’Accademia di Iniziazione: “Non è più necessario indossare il mala. Il sannyas implica entrare dentro di sé e non ha nulla a che vedere con l’esterno”.

Alcune persone ne sono disturbate, per cui la questione viene riportata di nuovo a Osho, e la sua risposta, trasmessa di nuovo all’Accademia è: “Se dovete indossare il vostro mala, fatelo solo in casa, durante la meditazione.”

 

Per approfondire visita:www.osho.com/library